
Arturo Lupoli è un ex calciatore italiano, attaccante cresciuto nel settore giovanile del Parma, passato poi all’Arsenal. Ha militato in diverse squadre tra Italia e Inghilterra, distinguendosi per il suo fiuto del gol e la sua tecnica.
FS: Lei ha condiviso parte della sua carriera con grandi attaccanti. Quali ricordi ha di Giuseppe Rossi come compagno di squadra a Parma?
AL: Con Giuseppe ho condiviso sei anni nel settore giovanile del Parma. Ci siamo conosciuti quando avevamo 11 anni: lui si era trasferito dal New Jersey con il padre per inseguire il suo sogno. Ho ricordi bellissimi di quel periodo, sia dentro che fuori dal campo. Ci trovavamo molto bene nel gioco: era un attaccante completo, capace di segnare e di far segnare. Amava il dialogo nello stretto, aveva una tecnica straordinaria e un tiro molto preciso e secco. Abbiamo giocato insieme anche in tutte le nazionali giovanili. Fuori dal campo era una persona molto tranquilla, sempre sorridente. Non amava la vita mondana: viveva in funzione degli allenamenti e delle partite.
FS: Cosa, secondo lei, ha reso Giuseppe Rossi un giocatore così speciale nel panorama calcistico italiano e internazionale?
AL: Credo che la sua forza sia stata la capacità di adattarsi a diversi campionati, diventando sempre più forte. Il suo punto di forza era la tecnica sopraffina nello stretto, oltre alla capacità di essere decisivo nei momenti difficili. Era un giocatore che trovava sempre la soluzione giusta, anche nelle situazioni più complicate. A livello caratteriale, poi, è sempre stato molto equilibrato e forte mentalmente, qualità che lo hanno reso speciale.
FS: Il “Pepito Day” celebra la carriera e il talento di Rossi. Quanto è importante, secondo lei, riconoscere il valore di giocatori che hanno lasciato un segno nel calcio, anche al di fuori dei grandi club?
AL: Penso che sia fondamentale celebrare giocatori come Giuseppe. Ci sono calciatori che vanno oltre la maglia che hanno indossato, perché hanno lasciato un’impronta indelebile nel cuore dei tifosi. Giuseppe è uno di questi: il suo talento è stato riconosciuto ovunque abbia giocato, e anche in Nazionale ha saputo regalare emozioni indimenticabili.
FS: Secondo lei, qual è stata la miglior versione di Giuseppe Rossi? Quella del Villarreal, della Fiorentina o in un altro periodo della sua carriera?
AL: La sua versione migliore è stata sicuramente quella del Villarreal, prima del grave infortunio al ginocchio. In quel periodo era tra i cinque attaccanti più forti al mondo. Anche nei primi mesi alla Fiorentina ha dimostrato il suo immenso valore. Ricordo poi la sua straordinaria stagione con gli Allievi Nazionali Under 17 del Parma: fu un campionato incredibile, che contribuì a vincere da assoluto protagonista.
FS: Lei ha giocato nel suo stesso ruolo. Cosa l’ha colpita di più del suo stile di gioco e della sua capacità realizzativa?
AL: La sua qualità principale era la capacità di trovare spazio dove sembrava non essercene. In un lampo riusciva a spostare il pallone e calciare in modo letale. Aveva una rapidità d’esecuzione impressionante, oltre a una freddezza unica nei momenti chiave delle partite.
FS: Pensa che, senza gli infortuni, Giuseppe Rossi avrebbe avuto una carriera ancora più luminosa?
AL: Assolutamente sì. Senza gli infortuni, credo che avrebbe giocato in un club come il Barcellona e avrebbe avuto molte più presenze in Nazionale. Il suo talento era straordinario e meritava di esprimersi ai massimi livelli per più tempo.
FS: C’è un aspetto del suo gioco che avrebbe voluto avere nella sua carriera?
AL: La sua capacità di essere decisivo nei momenti più difficili. Era un giocatore che, quando la squadra aveva bisogno di lui, trovava sempre il modo di fare la differenza. Il suo dribbling nello stretto, poi, era qualcosa di unico.
FS: Qual è stata l’esperienza più bella della sua carriera?
AL: Gli anni in Inghilterra sono stati speciali. Il mio periodo all’Arsenal, i gol segnati con quella maglia e la promozione in Premier League con il Derby County sono tra i ricordi più belli. Indimenticabile anche la tripletta segnata in FA Cup.
FS: Ha un ricordo particolare della piazza di Firenze?
AL: Firenze è una piazza incredibile, molto calorosa. Sono arrivato lì da giovane e il mio grande rimpianto è non aver avuto più spazio in un contesto così affascinante e importante.
FS: Considera l’Arsenal l’esperienza più significativa della sua carriera? Quali differenze ha riscontrato tra il calcio inglese e quello italiano?
AL: All’Arsenal sono cresciuto, sia come calciatore che come uomo. È un club che ti forma a 360° e mi ha dato l’opportunità di esordire in Premier League. Il calcio in Inghilterra si vive in modo completamente diverso rispetto all’Italia. C’è meno pressione mediatica nel quotidiano: la partita è l’evento della settimana, ma non si parla di calcio ogni giorno come avviene in Italia. A livello di gioco, è un calcio più veloce e fisico. Negli ultimi anni, però, con l’arrivo di allenatori italiani e spagnoli, si è evoluto molto anche dal punto di vista tattico, diventando più organizzato rispetto alla tradizione inglese, che privilegiava un calcio più diretto e offensivo, con meno attenzione alla fase difensiva.